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Gli ultimi messaggi del Forum

Il frigorifero di Einstein - Paul Sen

Recensione di Alessandro Quagliata, classe 3CA, a.s.2021-22
COME LA DIFFERENZA TRA CALDO E FREDDO SPIEGA L’UNIVERSO
Il frigorifero di Einstein è un libro di divulgazione scientifica di Paul Sen (Giornalista televisivo, attivo alla BBC, vincitore del prestigioso Royal Television Society Award) edito dalla Bollati Boringhieri (MI) nel 2021. Il libro inizia con un prologo che introduce i temi che verranno trattati, per poi proseguire con 19 capitoli estremamente interessanti, ed un Epilogo che racchiude in solo 6 pagine l’essenza e la finalità degli studi sulla termodinamica. L’autore descrive in questo libro l’evoluzione del pensiero scientifico, a partire dalle teorie di Carnot dell’800, passando per quelle di Thomson, Joule, alla relatività di Einstein, alle teorie attuali sulla fisica quantistica fino ad arrivare ai buchi neri e alla definizione dell’orizzonte dei tempi elaborata da Stephen Hawking. Filo conduttore del libro è l’elaborazione della teoria della Termodinamica sviluppata da molti scienziati e fisici che negli anni hanno, con le loro teorie e sperimentazioni, portato all’elaborazione delle sue leggi. Lo stile narrativo è molto coinvolgente poiché Paul Sen presenta i vari autori inizialmente sul piano personale, condividendo episodi della loro vita ed evidenziando come dalle vicende quotidiane abbiano tratto spunti per elaborare le loro teorie.Una delle parti più interessanti del libro è quella relativa a Gustav Magnus, che era un ottimo insegnante e formò grandi scienziati che dominarono la scienza negli anni Cinquanta e Sessanta dell’800, tra cui il più importante fu Clausius, il padre della fisica teorica. Estremamente affascinante è la descrizione di come Clausius elaborò la Teoria dell’entropia.Altro fisico che Sen descrive con cura è William Thomson, che mise alla prova la teoria di Carnot e concepì un’idea strabiliante: la Scala della temperatura assoluta, che a tutt’oggi è alla base delle misurazioni termiche.Molto interessante la descrizione che l’autore fa di Albert Einstein e della sua teoria della Relatività. Einstein, come riporta l’autore, la definì” il pensiero più felice” della sua vita. Sen la descrive riportando in modo dettagliato gli “esperimenti mentali” più famosi di Einstein del 1907, per la comprensione intuitiva della sua nuova visione della realtà. Nel capitolo dedicato a Stephen Hawking viene evidenziata la sua straordinaria genialità già negli anni giovanili, che gli permise di elaborare le sue incredibili teorie, come quella del 1974 che fu fondamentale per scoprire che i buchi neri emettono una particolare radiazione, definita appunto “radiazione di Hawking”. È un libro paradigmatico che utilizza un linguaggio di facile comprensione, pur trattando di ricerche scientifiche di grande portata come quelle inerenti la termodinamica e l’entropia.
Nel percorso di lettura del libro si evince come le scoperte scientifiche sviluppate negli anni da vari scienziati vengano riprese e rielaborate per produrre nuove ed originali teorie, ad evidenziare che la scienza e gli scienziati non possono essere mai confinati in un periodo storico o temporale, come se fossero fuori dal concetto di tempo come lo intendiamo noi. Il linguaggio semplice utilizzato dall’autore e la sua capacità di incastonare la genesi di teorie così complesse all’interno di intuizioni avute dai fisici e dagli scienziati nella loro vita quotidiana, permette al lettore di seguire facilmente la narrazione e comprendere in profondità i contenuti trattati.

Il pianeta umano - Simon L. Lewis e Mark A. Maslin

Recensione di Bianca Ivghenie, 3DA, Liceo Vailati, as 2019-20
L'uomo è una forza geologica e noi siamo ormai entrati in un'epoca nuova, l’Antropocene, nella quale siamo noi a dettare il futuro del nostro pianeta: ecco il messaggio chiaro che il saggio di Simon Lewis e Mark Maslin, Il pianeta umano, definisce.
L'idea di questa nuova fase era già pensata da molto tempo, anche se è entrato recentemente il suo uso, con idee e ipotesi che l’hanno determinato al meglio, avvertendo che siamo noi la grande forza che sta portando avanti la Terra, con un enorme impatto delle nostre azioni: è così che la quantità immane di cemento prodotto è in grado di coprire l'intera superficie della terra, abbiamo tagliato più della metà degli alberi presenti sul pianeta, il clima cambia a causa delle emissioni di CO² dei combustibili fossili.
Per permettere ciò ci sono volute ben quattro fasi evolutive: la nascita dell'agricoltura, l'economia globalizzata dell'Europa, che ha permesso una grande svolta storica, l'uso dei combustibili fossili, la nascita della società moderna.
Il libro, con grande fluidità di discorso e ricchezza di dati, ripercorre il processo storico attraverso il quale l’umanità è progressivamente diventata una grande potenza. Tutto inizia dall’età preistorica, dalle nostre origini in Africa, poi si procede con lo sviluppo della agricoltura, causa del grande cambiamento climatico, che ha persino posticipato l'inizio di una nuova glaciazione fino ad arrivare alla nostra età attuale, l’era Superinterglaciale.
Il pianeta terra ha subito un’enorme influenza dalla nostra specie nell’arco dei suoi 4,54 miliardi di anni. Questa datazione è stata raggiunta attraverso lungo e vari studi, avviati già nell’Ottocento, studiando soprattutto le rocce: è proprio con lo studio delle rocce che è stato possibile datare il pianeta Terra.
Un altro dubbio rimaneva: quando ha inizio l'Olocene? L’epoca geologica iniziò 11.650 anni fa ed è ancora in corso, avendo preso avvio dal decadimento del carbonio 14 avvenuto nell’epoca precedente, il Pleistocene.
Nonostante gli enormi cambiamenti che l'uomo ha causato alla Terra negli ultimi secoli, si continua a proporre l'uso del termine Olocene per determinare l'epoca corrente: “Antropocene” è un termine usato sin dagli anni '80 e, visto che le altre epoche geologiche hanno durata media di 17 milioni di anni, l'Antropocene è considerato un'anomalia.
L'esempio posto all'inizio del libro, per il quale siamo come batteri in una piastra di Petri e cioè siamo destinati al collasso e alla regressione, ha ormai una risposta negativa: noi non siamo portati a ciò alla regressione e, ancor peggio, all’autodistruzione, perché siamo in grado di pensare a come evitare di crescere fino allo sfinimento, terminando tutte le risorse. Ma, anzi, tutto ciò che è la nostra realtà, ci porterà invece a una nuova organizzazione sociale, con un sempre maggiore sviluppo delle conoscenze.

Hello world - Hannah Fry

Recensione di Alessia De Luca, 5D, Liceo Vailati, as 2019-20
È una tradizione quella di far pronunciare come prime parole alla propria creazione “Hello world”: per riprendere questa usanza, Hannah Fry decide così di intitolare il suo saggio scientifico di argomento straordinariamente attuale e ragionare sul progresso dell’essere umano, che procede di pari passo con il progredire della tecnologia, compiendo un’analisi sulle intelligenze artificiali che si rispecchiano sull’uomo e sulle sue scelte.
L’analisi consiste con la presa in esame di tutti gli ambiti in cui gli algoritmi hanno avuto influenze molto rilevanti. Inizia mettendo a confronto i controlli effettuati dalle macchine rispetto a quelli effettuati dall’uomo. Sia le macchine sia gli uomini possono sbagliare, ma l’uomo ha capacità di giudizio e pensiero propria, innata e sviluppatasi nel corso della sua vita: se l’uomo sbaglia, lo fa con un criterio logico. D’altronde errare è umano, mentre gli algoritmi di umano hanno ben poco.
Un secondo tema è relativo ai propri dati sensibili. Senza esserne coscienti, quando si naviga in rete, si lascia traccia di sé fornendo molte informazioni. Le pubblicità mirate sono un chiaro effetto della violazione a cui ciascuno è sottoposto: tramite l’accettazione dei famosi cookie si possono conoscere le abitudini e i caratteri di singole persone, in modo tale da creare pubblicità su misura. Si è troppo superficiali riguardo alla divulgazione delle proprie informazioni; se niente è gratis nella realtà degli uomini, perché aspettarsi che lo sia nella realtà dei programmi?
Un tasto dolente per il rapporto tra uomo e algoritmo è la medicina. Nel campo della diagnostica entrano in gioco le macchine che, con determinati algoritmi, sono capaci di interpretare lastre, radiografie e qualunque altra cosa per cui vengano predisposte, commettendo però degli errori. Vari macchinari sono stati inoltre progettati anche per raccogliere le cartelle cliniche dei pazienti e fare diagnosi sulla base di queste, ma per farle funzionare si dovrebbe essere disposti a cedere i propri dati clinici alle grandi aziende, ledendo ancora una volta la propria privacy.
Esistono inoltre degli algoritmi in grado di calcolare imparzialmente pene adatte a imputati aventi stessi reati e aggravanti. L’umanità di un giudice può però evitare ingiustizie generate proprio da ciò che nasce per evitarle: una macchina non potrà considerare le condizioni in cui si trova l’eventuale reo, o un suo pentimento. Inoltre, gli algoritmi creati per concedere la libertà condizionata possono sbagliare e condannare un uomo potenzialmente “buono” a rimanere in prigione, o viceversa concedere a un “finto buono” la possibilità di essere libero. Le macchine risultano più utili quando si tratta di catturare un sospettato; i reati commessi in serie non avvengono quasi mai casualmente, ma seguono uno schema, e cosa meglio di un algoritmo può comprendere degli schemi?
Hannah Fry ci invita a fare un’importante riflessione: per quanto gli algoritmi possano commettere errori, nemmeno l’uomo ne è esente. Forse la principale fonte di problemi e dubbi non è tanto sulla capacità di un algoritmo di non sbagliare, quanto sulla fiducia che l’uomo gli attribuisce. L’influenza delle macchine sul mondo può diventare esclusivamente positiva, a condizione che le macchine stesse vengano sviluppate correttamente. E questa “è una nostra precisa responsabilità, ed è giusto che sia così: nell’era degli algoritmi, l’essere umano non è mai stato così importante”.

R: L'ultimo Sapiens - Gianfranco Pacchioni

L’Ultimo Sapiens, scritto da Gianfranco Pacchioni, è un viaggio che riassume l’evoluzione dell’uomo dalla sua comparsa sulla Terra alle cause che lo porterebbero al termine della sua esistenza.
L’uomo, soprattutto nell'ultimo secolo, ha condotto nuove scoperte che hanno sconvolto il suo modo di vivere: il saggio analizza le principali scoperte mettendo in luce quanto si potrebbe fare ma anche i possibili eventi negativi che queste porterebbero provocare.
L’autore vuole far quindi riflettere i lettori su come tutte queste scoperte portano sicuramente a un miglioramento della vita ma dal punto di vista etico potrebbero diventare responsabili di grandi problemi. È così che, quando riflette sulla clonazione, afferma che se da un lato questa garantirebbe una generazione di umani perfetti dall’altro verebbe a perdere significato il termine biodiversità.
Una particolarità di questo saggio è il collegamento di ogni scoperta a una storia di Primo Levi; infatti Primo Levi, nella sua raccolta di storie “Sulla Natura“ riesce con incredibile precisione a prevedere le invenzioni che avrebbero caratterizzato il XX e il XXI secolo: uno dei protagonisti di questa raccolta è Simpson, che lavora alla NATCA, un’azienda che inventa nuove macchine, e il suo compito è testarle. Primo Levi, oltre a prevedere queste invenzioni già ne fa una critica. Un esempio è il racconto sulla quiescenza che è uno strumento che fa vivere situazioni particolari, provocando sensazioni pressoché reali: il protagonista è sempre Simpson che, giunto ormai alla pensione, testa questa nuova macchina ma, dopo aver provato una serie di “situazioni” ne diventa dipendente, passando così i suoi ultimi giorni della sua vita a provare sensazioni mai provate realmente.
Il saggio si conclude con uno sguardo futuro sull’umanità distinta in due tipi: il Tecno-sapiens, che è la versione dell'uomo con tutte le modifiche che lo sviluppo gli concederà ma così diversa da quella del genere sapiens che si potrebbe quasi dire che non umana, e il Vetro-sapiens, umano non al passo con la tecnologia, tanto da essere ritenuto inutile per la società, destinato a vivere in zone non sviluppate. Il dilemma è posto dall’autore nel momento in cui si chiede quale dei due rami dell’uomo dominerà: i primi saranno tecnologicamente avanzati, tanto da invecchiare così tardi che non avranno bisogno di figli che li aiutino in vecchiaia, ma saranno demograficamente inferiori ai secondi che invece fonderanno la loro società sulla famiglia. Di certo quindi, chiunque dei due prevarrà, sarà destinato a una società completamente diversa da quella a cui ora siamo abituati.
Antonio Mittiga, 3D, Liceo Vailati, as 2020-21

L'ultimo Sapiens - Gianfranco Pacchioni

“L’ultimo sapiens. Viaggio al termine della nostra specie” è l'ultimo saggio di divulgazione scientifica di Gianfranco Pacchioni, con prefazione di Dietelmo Pievani. Specialista della teoria dell’evoluzione, illustra, con una chiara e sintetica panoramica, lo sviluppo dell’uomo, iniziato sin dalla sua prima apparizione sulla terra, aspetto che verrà menzionato più di una volta nel corso delle tesi trattate.
Entrando nel merito della questione, nelle varie tesi che si espongono, attraverso brevi tappe, rappresentate da 8 capitoli, si evidenzia come il mondo e le attività dell’uomo tendano a svilupparsi in modo esponenziale. Il genere umano, nel giro di pochi secoli e in particolare negli ultimi due, è riuscito a raggiungere traguardi tanto rivoluzionari quanto inimmaginabili, considerati sino a poco tempo prima con una certa diffidenza, ritenendoli teorie degne solo di un racconto fantascientifico. L’autore, attraverso molteplici esempi, ci fa capire che il confine tra la fantascienza di ieri e la realtà di oggi si assottiglia progressivamente.
Il discorso risulta essere fluido e compatto. Materie come l’informatica e la biologia, apparentemente differenti, sono in realtà strettamente correlate tra loro. Il cervello umano, sede della ragione e dell’intelletto, è la migliore macchina mai esistita: nessun computer o tecnologia per adesso può, neanche lontanamente, eguagliarla. Il nostro cervello è una macchina il cui funzionamento segue dei precisi e complessi programmi, codificati con un linguaggio criptico a noi ancora sconosciuto. Capire come questo organo comunichi al suo interno e rendere comprensibile tale linguaggio per il momento è fantascienza, ma vista la rapidità con cui l’uomo si sta evolvendo, tra non molto tali traguardi probabilmente diverranno realtà.
L’autore è stato abile nell’unire le proprie argomentazioni in un unico grande discorso presentando alcune delle parti più importanti di alcune opere scritte da Primo Levi, come le raccolte di brevi racconti fantascientifici intitolate “Storie naturali” e “Vizio di forma”, pubblicate rispettivamente nel 1966 e 1977. Descrive così dettagliatamente una serie di punti più importanti dello sviluppo della scienza, della tecnologia e dell’informatica, offrendo allo stesso tempo un indiretto elogio al chimico torinese. Questo particolare criterio utilizzato ci permette di vedere Levi sotto una luce diversa: un autore capace di spaziare dalla realtà storica, e a tratti tragica, a temi di carattere distopico e profetico servendosi del suo sapere scientifico.
Si denota un’atmosfera inquietante e provocante; è un libro che rende consapevoli i lettori degli obiettivi che il genere umano ha completato e quelli che i “futuri sapiens” vogliono e possono raggiungere, elencando loro gli aspetti positivi che questi propositi possono portare e metterli in guardia su quelli negativi, di cui ogni individuo dovrà rendersi responsabile, ritornando così all’umanistica concezione di “homo faber”, uomo artefice del proprio destino.
Giulia Sorrentino, 4DA, Liceo Vailati, as 2020-21

L'ultimo orizzonte - Amedeo Balbi

Chi non ha mai provato una certa attitudine per il complesso? In un qualcosa cioè che sembrerebbe essere al di fuori della nostra capacità di comprensione? Possiamo chiamarla ostinazione, determinazione e magari anche necessità di dover conoscere. Un qualcosa che definisca un orizzonte alla nostra conoscenza. Un punto di arrivo memorabile e permanente.
Amedeo Balbi questo intendeva per “orizzonte dell’universo”, un limite che vorremmo come momentaneamente invalicabile, ma che, come tale, è intrinseco di misteri che modificheranno per sempre la nostra vista dell’universo.
Il libro si presenta in maniera avvincente: l’autore dapprima ci guida in un’analisi sulle certezze dell’universo per poi, alla fine, lasciarci più dubbiosi di prima. Ci conduce alla definizione di un universo apparentemente contenuto all’interno di una base empirica e le motivazioni che spinsero i più grandi astrologi a buttarsi in questo viaggio senza fine.
Ci mostrano i capisaldi, gli sbagli compiuti, le teorie confutate e poi abbandonate, presentate come un percorso logico in cui siamo pienamente coinvolti, raccontandocelo come un viaggio la cui bussola sembrerebbe portarci su una strada sicura ma, avventurarsi in un universo senza orizzonte statico, senza meta certa, ci induce a procedere cauti.
Parte delle nostre equazioni potrebbero perdere senso: la speranza in una risoluzione algebrica ci ammalia, ma spesso anche questa ci inganna e ci lascia in sospeso tra risultati discordanti con il resto che ci circonda.
La nostra soddisfazione di vedere qualcosa esattamente come ce lo aspetteremmo svanisce, impedendoci di arrivare alla risposta di una domanda esistenziale: chi siamo noi?
Gli scienziati non hanno molte certezze: la loro fisica si basa sul sudore della logica, sulla potenza delle menti e anche delle macchine. Balbi ci fa quindi presente che sono esistite menti molto più brillanti delle nostre e che il cervello umano non si è evoluto per poter comprendere l’universo: questo uscirebbe dalla naturale concezione dell’evoluzione biologica dell’uomo e si rivelerebbe un madornale errore di antropocentrismo ma ad oggi abbiamo dei potentissimi mezzi. Le Tecnologie.
Allora sarebbe più che legittimo dire che la verità è figlia del tempo, dell’evoluzione e del progresso, ma come i nostri antenati, la comprensione dell’universo è un percorso molto lungo che, purtroppo, finirà per consumare le nostre vite lasciando il posto ai nostri posteri.
Anche noi assieme all’autore abbiamo provato l’invidia verso le generazioni future che vedranno un universo diverso dal nostro, probabilmente avranno più certezze di quelle che abbiamo noi e c’è la spaventosa possibilità che rideranno sopra le nostre teorie per quanto errate. Ma chi lo dice che l’universo in un futuro non sarà ancora più imperscrutabile?
Quella che a noi sembrerebbe una copertina confusionaria potrebbe essere la Mappa grezza della nostra esperienza, ricca di formule bellissime mostrandoci quanto in realtà il caos luccichi di meraviglia. Dobbiamo diventare artisti della nostra matematica e trovare una forza risolutrice ma dobbiamo non arrenderci, anche quando le nostre certezze potrebbero sgretolarsi di fronte ai nostri occhi, opporci ad accettare un modello convenzionale di realtà inconfutabile.
È qui che ci lascia Amedeo Balbi, nel vuoto, e ci dà il compito di andare avanti, anche quando il buio ci frena. E ci spinge fare dell’esperienza la nostra Mappa della realtà.
Alessandra Nutile, 4DA, Liceo Vailati, as 2020-21

L'albero intricato - David Quammen

David Quammen è lo scrittore e divulgatore scientifico statunitense che nel 2012, quando pubblicò Spillover: Animal Infections and the Next Human Pandemic, divenne anche profeta, preconizzando l’arrivo di un virus zoonotico, incombente minaccia per la nostra specie, e proiettandosi inconsapevolmente nella pandemia che, sette anni dopo la pubblicazione del libro, avrebbe coinvolto le vite di tutti noi. Ma le rivelazioni non sono ancora finite.
L’albero intricato di David Quammen ripercorre l’assemblamento dell’albero della vita a partire dai primi tentativi, delineandoci i ritratti di tante menti, troppe e troppo importanti per essere condensate in poche righe. Il linguaggio utilizzato, rapido e immediato, è tanto incalzante da sfumare i contorni di alcuni di essi, nonostante il ruolo cruciale che il loro apporto assunse nel panorama scientifico mondiale.
Alcuni di loro, tuttavia, vengono disegnati a tratti più marcati, come Charles Darwin e i suoi viaggi sull’HMS Beagle, Lynn Margulis e la teoria dell’endosimbiosi, Ford Doolittle e i suoi alberi non-alberi.
Tra questi, però, particolare riguardo è riservato a Carl Woese, che potrebbe essere considerato il vero protagonista del libro, le cui scoperte scossero le fondamenta della filogenesi con una portata potenzialmente enorme, ma mai coronata dal Nobel. La scoperta di un terzo dominio, quello degli Archea, organismi unicellulari antichissimi, differenti dai batteri per l’assenza di peptidoglicano nella parete, seppure da sempre considerati tali, secondo Woese avrebbe dovuto creare una rivoluzione pari a quella scatenata da Darwin, ma che forse fu offuscata proprio dal suo carattere scostante.
In uno scenario tassonomico radicalmente mutato rispetto a quello dei secoli precedenti, si colloca un fenomeno altrettanto significativo, se non sconvolgente: il trasferimento genico orizzontale (HTG), ossia il “salto” di sequenze di DNA capaci di replicarsi in nuove posizioni del genoma di cui fanno parte o di quello di altre specie.
Conosciuto sin dai primi anni del Novecento, non se ne era mai capita l’importanza e per questo venne relegato nella posizione di evento estremamente raro e possibile solo tra batteri, fino a quando non se ne capirono il reale raggio d’azione, molto più ampio del previsto, e le autentiche e inaspettate conseguenze che ci riguardano più di quanto ci aspettassimo, con effetti anche notevolmente gravi. A tal proposito, basti pensare alla resistenza agli antibiotici, capacità trasmissibile mediante questa forma di eredità infettiva.
Pagina dopo pagina si dissolve ogni certezza, in un graduale processo guidato da una curiosità naturale, nutrita da parole fresche e genuine che trascinano il lettore fino all’ultimo capoverso, al termine del quale permane il sapore di un’inattesa e destabilizzante consapevolezza. Il modo di guardare noi stessi è sempre stato sbagliato e ora non possiamo fare a meno di mettere in discussione ogni dogma, persino la nostra stessa individualità. Ci sembra quasi di riconoscere nel nostro riflesso una musiva molteplicità, a volte inquietante e altre stimolante, che rimarrà in noi come una sopita cognizione, sebbene abbia ormai lasciato le sue impronte.
Carolina Faramondi, 3D, Liceo Vailati, as 2020-21