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Hello world
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Fry, Hannah

Hello world

Torino : Bollati Boringhieri, 2019

Abstract: «Hello World!», Buongiorno mondo! Da quasi cinquant'anni, chiunque si cimenti per la prima volta nello studio della programmazione informatica si imbatte in questa frase. La si trova nel primo esercizio di qualsiasi manuale, fin dai primi anni settanta: l'esercizio consiste nel compilare un breve programma il cui effetto sia quello di far comparire sullo schermo quelle due parole inglesi, al tempo stesso scherzose e profetiche. Il computer risponde, ed è subito l'alba di un nuovo mondo, quello delle macchine. Gli algoritmi sono tutt'intorno a noi, e noi affidiamo loro le nostre vite, sempre di più, spesso senza neppure accorgercene. Hannah Fry, che li conosce bene, ci racconta in questo libro i segreti che animano le schede logiche dei computer, le promesse e i limiti della computer science, gli scenari un po' distopici e un po' grotteschi che si prospettano nel nostro imminente futuro tecnologico. Vieni accusato di un crimine? Come vorresti che venisse determinato il tuo destino? Da un giudice o da un algoritmo? L'algoritmo sarà sicuramente più razionale e meno soggetto a errori di giudizio, ma un giudice in carne e ossa potrà sempre guardarti negli occhi prima di pronunciare la sentenza. Cosa scegli? Eccoci nell'era degli algoritmi, la storia di un futuro non poi così lontano nel quale le macchine comanderanno incontrastate e prenderanno decisioni importanti in campo sanitario, nei trasporti, nella finanza, nella sicurezza, in tutto ciò che guarderemo, in ogni luogo in cui andremo e persino nella decisione di chi mandare in prigione. Ma quanto possiamo fidarci di loro? Che tipo di futuro vogliamo? Queste domande sono al centro di "Hello World", un libro che solleva il velo sui meccanismi di funzionamento dei programmi che ci stanno prendendo la mano, ne dimostra il potere e ne mette in risalto i limiti. Rimane da domandarsi se gli algoritmi siano davvero migliori degli esseri umani che stanno rimpiazzando.

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Recensione di Alessia De Luca, 5D, Liceo Vailati, as 2019-20
È una tradizione quella di far pronunciare come prime parole alla propria creazione “Hello world”: per riprendere questa usanza, Hannah Fry decide così di intitolare il suo saggio scientifico di argomento straordinariamente attuale e ragionare sul progresso dell’essere umano, che procede di pari passo con il progredire della tecnologia, compiendo un’analisi sulle intelligenze artificiali che si rispecchiano sull’uomo e sulle sue scelte.
L’analisi consiste con la presa in esame di tutti gli ambiti in cui gli algoritmi hanno avuto influenze molto rilevanti. Inizia mettendo a confronto i controlli effettuati dalle macchine rispetto a quelli effettuati dall’uomo. Sia le macchine sia gli uomini possono sbagliare, ma l’uomo ha capacità di giudizio e pensiero propria, innata e sviluppatasi nel corso della sua vita: se l’uomo sbaglia, lo fa con un criterio logico. D’altronde errare è umano, mentre gli algoritmi di umano hanno ben poco.
Un secondo tema è relativo ai propri dati sensibili. Senza esserne coscienti, quando si naviga in rete, si lascia traccia di sé fornendo molte informazioni. Le pubblicità mirate sono un chiaro effetto della violazione a cui ciascuno è sottoposto: tramite l’accettazione dei famosi cookie si possono conoscere le abitudini e i caratteri di singole persone, in modo tale da creare pubblicità su misura. Si è troppo superficiali riguardo alla divulgazione delle proprie informazioni; se niente è gratis nella realtà degli uomini, perché aspettarsi che lo sia nella realtà dei programmi?
Un tasto dolente per il rapporto tra uomo e algoritmo è la medicina. Nel campo della diagnostica entrano in gioco le macchine che, con determinati algoritmi, sono capaci di interpretare lastre, radiografie e qualunque altra cosa per cui vengano predisposte, commettendo però degli errori. Vari macchinari sono stati inoltre progettati anche per raccogliere le cartelle cliniche dei pazienti e fare diagnosi sulla base di queste, ma per farle funzionare si dovrebbe essere disposti a cedere i propri dati clinici alle grandi aziende, ledendo ancora una volta la propria privacy.
Esistono inoltre degli algoritmi in grado di calcolare imparzialmente pene adatte a imputati aventi stessi reati e aggravanti. L’umanità di un giudice può però evitare ingiustizie generate proprio da ciò che nasce per evitarle: una macchina non potrà considerare le condizioni in cui si trova l’eventuale reo, o un suo pentimento. Inoltre, gli algoritmi creati per concedere la libertà condizionata possono sbagliare e condannare un uomo potenzialmente “buono” a rimanere in prigione, o viceversa concedere a un “finto buono” la possibilità di essere libero. Le macchine risultano più utili quando si tratta di catturare un sospettato; i reati commessi in serie non avvengono quasi mai casualmente, ma seguono uno schema, e cosa meglio di un algoritmo può comprendere degli schemi?
Hannah Fry ci invita a fare un’importante riflessione: per quanto gli algoritmi possano commettere errori, nemmeno l’uomo ne è esente. Forse la principale fonte di problemi e dubbi non è tanto sulla capacità di un algoritmo di non sbagliare, quanto sulla fiducia che l’uomo gli attribuisce. L’influenza delle macchine sul mondo può diventare esclusivamente positiva, a condizione che le macchine stesse vengano sviluppate correttamente. E questa “è una nostra precisa responsabilità, ed è giusto che sia così: nell’era degli algoritmi, l’essere umano non è mai stato così importante”.

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